Albenga. Condannato all’ergastolo dal tribunale militare di Torino: questo l’epilogo della vicenza giudiziaria di Gerhard Dosse, l’ufficiale tedesco accusato di omicidio e sevizie perpetrate nei confronti di 12 albenganesi (6 di Villanova, 3 di Albenga e 3 di Arnasco) tra il 1944 e il 1945, in complicità con il “boia” Luciano Luberti. Dosse, 97 anni, risiede a Wedel, una località nei pressi di Amburgo. Il procedimento nei suoi confronti è stato riaperto un anno fa e l’imputato si è rifiutato di farsi interrogare dai magistrati. I comuni di Albenga, Villanova ed Arnasco si erano costituiti parte civile. Oggi pomeriggio il presidente del tribunale militare ha dato lettura della sentenza, che, pur a oltre mezzo secolo di distanza, rende giustizia ai dodici civili massacrati alla foce del fiume Centa. Dice Gino Michero, presidente dell’associazione culturale albenganese “Fischia il ventoâ€: “Giustizia è stata fatta, seppure a 61 anni di distanza. Non ci muove il desiderio di vedere il quasi centenario ufficiale tedesco in prigione, ma il principio che crimini come quelli da lui perpetrati, con l’aiuto del ‘boia di Albenga’, veri e propri delitti contro l’umanità , vanno perseguiti e formalmente puniti. Oggi Albenga e le sue vittime hanno ricevuto giustiziaâ€. L’inchiesta, condotta dal pm Paolo Scafi, ha stabilito che l’ufficiale tedesco aveva presieduto una corte speciale (lo “Standgericht”) istituita per giudicare i partigiani. I suoi però erano processi sommari, che violavano addirittura le norme giuridiche tedesche: gli incolpati non avevano diritto a un avvocato, non potevano seguire la discussione in aula e potevano essere condannati a morte per “reati”, come il favoreggiamento, che non prevedevano la pena capitale, ma al massimo il lavoro coatto. Questi i nomi delle vittime dell’eccidio del Centa, avvenuto il 12 gennaio 1945: Germana Abbo, ortolana, Alessandro ed Erminia Ferrari, cestai, Alice Leonelli, diciottenne, Giuseppe Moresco, meccanico, Gerolamo Navone e Bartolomeo Scrigna, contadini, Leandro Rossella, manovale, Adolfo Tomatis, fornaio, Pietro Vasile, meccanico, Iginio Viaggio, carrettiere.
Dopo tanti anni giustizia è stata fatta.
Poco importa se Dosse è ormai novantenne e, forse, non sconterà la galera; quel che è importante è che un Tribunale abbia riconosciuto l’efferatezza del crimine che andava oltre una “normale azione di guerra” o peggio una “normale esecuzione di ordini”.
Nel corso di questi anni abbiamo assistito a tentativi di riscrivere la storia. Pareva quasi che, in fondo in fondo, quei tempi non fossero poi così male (a detta di chi la riscriveva); pareva che, in fondo in fondo, si, era vero c’erano le leggi razziali ma…in Italia erano una finta.
Ora decenza imporrebbe silenzio su tali cialtronerie, rispetto di chi è caduto in nome delle libertà (anche per chi le cialtronerie in questi anni ha potuto dirle e scriverle).
Signor Dosse; la Storia ha già dato un pesante giudizio su di lei e su chi la comandava…
Non fatemi andare oltre.
I miei nonni OTTONELLO ADELFO E CASANOVA GIOVANNA (33 ANNI) che lasciarono orfana una bimba di soli 6 anni (mia mamma), furono anch’essi trucidati alla Foce del Centa insieme ad altri poveri innocenti.Oggi, magra consolazione è la sentenza che condanna Gerhard Dosse, ormai vecchio, all’ergastolo che non sconterà sicuramente.
Perchè si sono aspettati tanti anni per processare dei carnefici come Dosse e mai è stato condannato per crimini così gravi il Boia di Albenga? Conosco le risposte, non è la prima volta che affronto l’argomento che molto mi sta a cuore. L’unico modo per onorare coloro che hanno sacrificato la vita, è non dimenticare, la memoria storica deve essere tramandata e raccontare ai giovani che il bene più prezioso è la LIBERTA’ e tutto ciò che hanno è costato sacrificio, concetto che oggi purtroppo si sta perdendo. Grazie per avermi dato la possibilità di esprimere ciò che sento, vi autorizzo a pubblicare la mia e-mail se qualcuno ha piacere di scambiare con me pensieri sull’argomento.