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Articolo n° 5266 del 27 Novembre 2006 delle ore 17:46

Agostino Celti, dal pianobar di Andora alla voce di Mina

Andora. Lo si può trovare nelle serate di un noto locale di Andora, ma è da oltre vent’anni che si esibisce al pianoforte interpretando i propri brani e valorizzando la canzone d’autore. Agostino Celti, al secolo Agostino Guarino, milanese di nascita ma ligure d’adozione, ha abbandonato ben presto l’impiego di geometra presso il Comune di Milano per dedicarsi completamente alla musica e in quasi trent’anni ha scritto più di 400 pezzi inediti. Una carriera di lungo corso che, dopo la lontananza dalle note per alcuni anni, si è riaccesa con un ritorno in grande stile. E’ di questi giorni un suo “debutto” speciale: quello in un disco di Mina. “Bau” è uscito il 24 novembre e include, appunto, un brano di Agostino Celti, che ha firmato la divertente e divertita “Come te lo devo dire”, una di quelle canzoni-commedia che a Mina piace tanto mettere in scena. Mina, si sa, seleziona le canzoni solo in base ai meriti intrinseci, senza nessun altro criterio che non sia quello del suo gusto personale. “Le cose più belle che le arrivano, le fa” ha spiegato Massimiliano Pani, che dell’album è il produttore. Va ricordato che Mina è stata la prima in Italia a comprendere l’importanza del ruolo degli autori, ai quali ha riconosciuto attenzione e rispetto anche quando invece pareva che i cantautori fossero gli unici capaci di scrivere canzoni “d’autore”. Il che le ha consentito di diventare, nel tempo, l’interlocutrice preferita e più credibile dei compositori, famosi o sconosciuti che siano. E, come è accaduto per il demo presentatole da Agostino Celti, sceglie di interpretare quello che le sembra più adatto alla sua voce e al suo gusto. Così a premiare la costanza e la professionalità dell’autore di adozione andorese è arrivata la chiamata della grande voce della musica italiana. Chiamata nel vero senso della parola. Una sera infatti Agostino Celti riceve una telefonata al cellulare, dopo essere stato imossibilitato a rispondere per qualche giorno: “Pronto, sono Mina. Lei è proprio introvabile”. L’emozione è forte ma lascia spazio al gioco dell’ironia: “Io? E cosa dire di lei…”. Nonostante le numerose esibizioni nei locali e le partecipazioni a diverse manifestazioni canore, e a parte un cd di cover realizzato nel 2004, Agostino Celti non ha mai voluto produrre niente di proprio, ritenendolo lavoro inutile ed incompleto, se privo di una distribuzione e promozione adeguata. Ma di canzoni ne ha scritte proprio tante, spesso basate su episodi della vita personale. Per scrivere “Come te lo devo dire” si è ispirato ad una conoscente in sovrappeso che ha iniziato a tempestarlo di telefonate e messaggini. Poi il noto autore alassino Franco Fasano gli ha suggerito di provare a proporre il pezzo a Mina ed ha seguito il consiglio. In breve tempo gli è stato comunicato che il suo brano era stato scelto per il nuovo album. Ora Agostino Celti ha ricevuto un’importante conferma come autore, che lo ha strabiliato e incoraggiato, ma non vuole rinunciare al sogno di poter interpretare personalmente le proprie canzoni. Lo abbiamo intervistato.

Quale è stata la tua formazione musicale?

Sono nato e cresciuto a Milano, dove ho studiato anche pianoforte al conservatorio per tre anni. Ho continuato a strimpellare il piano da autodidatta fino a comporre le prime canzoni a 17 anni.
Come procedi nella stesura delle tua canzoni?
Generalmente scrivo prima i testi, ma ultimamente, quando compongo, parto da un’aria che mi viene in testa e che mi serve come ispirazione iniziale.
Che tipo di musica preferisci ascoltare ed eseguire?
Da quando ho cominciato ad ascoltare qualcosa, mi ha sempre affascinato la canzone d’autore, a partire da Cocciante, Battisti, il primo Venditti ma anche Tenco e Paoli, poi Dalla, Branduardi, De Gregori, De Andrè, per passare poi a Conte, Ciampi, Concato, anche Bertoli e poi ancora a Fossati, che è quello che amo maggiormente ora. Apprezzo molto anche autori come Andrea Mingardi [preponderante nell’ultimo cd di Mina] e comunque è la musica l’elemento che he mi cattura al primo ascolto. Ascolto anche la musica straniera, ma, come per le donne, preferisco l'”offerta nostrana”, che ritengo più vicina al mio modo di vedere la canzone. Preferisco la produzione francese a quella anglosassone.
Hai lasciato l’attività musicale per alcuni anni. Come è stato riprendere?
Dopo le molteplici esperienze (concorsi, manifestazioni, vari tentativi già da allora) su palchi anche importanti e un black out di 8 anni, ho ripreso nel 2001 l’attività musicale ritornando a fare il lavoro di sempre: suonare dal vivo, sempre da solo, oltre a scrivere nuove canzoni. Ho così deciso di riprovarci seriamente una volta per tutte, dandomi un termine oltre il quale avrei smesso. Si può anche sognare tutta la vita ma bisogna anche vivere degnamente e sapere che non a tutti può toccare la fortuna. Non ho mai pensato di fare musica solo per divertirmi. Sono andato in studio ad Alessandria da Gianni Stellavato, un musicista, ora caro amico, molto preparato e con un ottimo curriculum. Abbiamo scelto una dozzina di pezzi ed ho lavorato per sei mesi al progetto che poi ho riaggiornato continuamente fino ad oggi.
Come sei arrivato a proporre il tuo brano a Mina?
Ho ripreso il giro dei discografici senza successo. Poi ho contattato Franco Fasano che ha proposto la canzone “Come te lo devo dire” a Massimiliano Pani. Dopo parecchi mesi di stand by, inaspettatamente e finalmente, la proposta è andata a buon fine. Non ho ancora avuto modo di ascoltare l’album perchè sono in giro per lavoro in questi giorni, ma, conoscendo bene Mingardi, che ha firmato la maggior parte dei brani (qualcuno dei quali già conosco), sono sicuro che ci sia molto di buono in questo progetto.
Come è stato il tuo contatto con Mina?
Le impressioni che mi ha fatto Mina sono state ottime. A parte il fatto che non credevo alle mie orecchie quando mi ha chiamato al telefono, l’ ho subito avvertita come una persona squisita, intelligente, cordialissima e molto alla mano. Insomma, un’amica, se mi posso permettere. Il fatto di essere stato scelto da lei mi gratifica per gli sforzi e per il tempo che ho dedicato alla musica e alla costanza. Al non aver mai smesso di crederci. Al momento non mi rendo probabilmente ancora conto dell’evento, anche se sono un po’ stupito per l’interesse che sta muovendosi intorno a me da parte della stampa.
Cosa vedi nel tuo futuro?
Sicuramente ora mi sento come un cavallo alla griglia di partenza ma non mi faccio illusioni come fino a poco tempo fa. Ho voglia di emergere, almeno come autore e ci proverò ancora, consapevole del fatto che un passo molto importante intanto l’ho già fatto.
Come è nata la canzone che è diventata la traccia numero 12 dell’album “Bau”?
“Come te lo devo dire” nasce da un’incontro, o, meglio, da una persona che ha insistito particolarmente per avere il mio numero di telefono e ha poi iniziato a formulare velate advances sottoforma di sms. Alla fine mi sono sfogato scrivendo quello che ho scritto. Inizialmente erano solo quattro parole che poi ho ripreso e sviluppato sotto forma di caricatura. Tutto quello che vorresti dire a una che ti stressa ma non lo fai mai. Ma il senso di tutto questo, alla fine si trova nella solitudine che ci circonda e che ci fa diventare, a volte, un po’ eccessivi con gli altri. Penso che sia una delle poche canzoni controcorrente in tema uomo-donna. L’ho scritta con grande divertimento anche se tengo a sottolieneare che per me la donna ha una posizione assoluta di bellezza e di importanza nell’universo cosmico.
Qual è il tuo rapporto con il Ponente savonese?
Il mio rapporto con la Liguria,specie con il Ponente ligure, è nato bene da subito, perché fin da piccolo venivo al mare ad Alassio, città che ho molto a cuore. Da qualche anno mi sono trovato a lavorare (a suonare ed anche ad insegnare canto) in un locale di Andora per tre anni consecutivi ed ho avuto modo di conoscere la realtà e le persone della zona. Devo dire che mi sento quasi più a casa mia qui che non nella mia terra lombarda. Devo riconoscere che con le persone che ho incontrato qui si è subito stabilito un ottimo rapporto ed ora mi trovo benissimo, pur restando il solitario che sono, tanto che presto prenderò le redini di un noto locale nel quale ho intenzione di dare alla musica, quella vera ed ai musicisti, lo spazio che merita e meritano.


» Felix Lammardo

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