Tutte le notizie di: | archivio
Articolo n° 5404 del 01 Dicembre 2006 delle ore 17:00

Lavoratori di Ferrania: che tristezza nel cuore!

Giuste le agitazioni e le azioni di protesta di oggi, mi domando solo una semplicissima cosa, come mai queste forme di lotta non sono state attuate prima? …la situazione sta precipitando , è ormai sotto l’occhio di tutti anche di quei compagni di lavoro che si sentivano sempre dei miracolati dalla “fortuna”. Continua la subdola e scandalosa strumentalizzazione dei lavoratori usati come scudo per i padroni e i loro speculativi interessi. Quando sono stati messi in cassa integrazione straordinaria 200 persone ormai due anni or sono, non mi sembra di ricordare eclatanti azioni di protesta e di lotta atte a dimostrare l’unità dei lavoratori, davanti alla decimazione….
E’ proprio sempre più tristemente vero il vecchio detto : “MORS TUA VITA MEA!”.
Emiliano Monticelli – uno dei 200 cassaintegrati da 2 anni dimenticati da tutti.


» Redazione

3 commenti a “Lavoratori di Ferrania: che tristezza nel cuore!”
antonio gianetto ha detto..
il 1 Dicembre 2006 alle 23:17

Chi piange e chi ride.
mentre gli operai della Ferrania sono stati presi in giro, a Savona c’ è chi verrà premiato.
Riporto un comma tratto da:
http://eddyburg.it/article/articleview/7135/0/136/
Una torre doc divide Savona
Data di pubblicazione: 12.08.2006

“””Intervistato al momento della presentazione, Fuksas si difendeva parlando di «un progetto d’elite accessibile anche alla media borghesia. Nella mia idea il tutto non costa più di 1.250 euro al metro quadro, il resto è il guadagno dei costruttori». Il costruttore del caso si chiama Giovanni Gambardella, negli anni ’80 manager dell’Ilva e oggi presidente della industria produttrice di materiale fotografico Ferrania. “””

marco ha detto..
il 7 Dicembre 2006 alle 09:37

Una domanda: perchè La ferrania non è stata venduta agli Indiani che, a quanto sembra, avrebbero mantenuto un buon livello di occupati e continuato a produrre pellicole? E soprattutto avevano i soldi?
Ringrazio chi mi vorrà dare una risposta

milena d ha detto..
il 7 Dicembre 2006 alle 15:18

Posso rispondere solo in parte.
Da un certo momento in poi, all’incirca dall’avvento di Imation e dalla cessione del radiografico a Kodak, in quella fabbrica si è avuta sempre piu’ nettamente, di giorno in giorno, l’impressione che i giochi fossero gia’ fatti o quasi, che le cose dovessero seguire un percorso prestabilito, andando in una certa direzione e non in altre. La quale direzione non era necessariamente la piu’ vantaggiosa per la fabbrica e per i lavoratori, ma veniva fatta credere tale da chi aveva tutto l’interesse a perseguire certe strade, a realizzare certi guadagni e a compiacere certi personaggi. Cosi’ ogni qualvolta si facevano avanti potenziali acquirenti, magari concorrenti fotografici o industrie dell’oriente che avevano tutto l’interesse a porre basi in Europa, si diffondevano ad arte voci atterrite che parlavano di chiusura immediata in caso di loro successo. Voci che, a posteriori, suscitano piu’ di un dubbio, almeno giudicando come e’ andata in realta’. Alcuni settori produttivi ormai maturi venivano spinti e perseguiti, altri potenzialmente piu’ innovativi e promettenti affossati con pretesti vari, come se non si volesse assolutamente un risollevamento della fabbrica, cosa che andava, appunto, contro gli interessi prevalenti.
In compenso, gia’ sei o sette anni fa pochi ben informati bisbigliavano di retroporto e facevano nomi, se non gli stessi di adesso, almeno di simili aree e interessi. Situazioni che prevedevano drastico ridimensionamento o chiusura della fabbrica, sfruttata fino all’osso e poi usata come puro pretesto per impadronirsi delle aree.
In questa, non voglio chiamarla congiura, ma almeno, reciproca alleanza, l’impressione e’ che oltre agli imprenditori entrassero alcuni dirigenti, sindacalisti, politici. E i lavoratori venivano sempre e comunque depistati, tenuti all’oscuro, manipolati in modo che non avessero accesso a informazioni sufficienti per scardinare tutta la costruzione o per tentare di cambiare le cose. Non che fosse poi cosi’ difficile, ahime’, tenerli buoni e far loro credere assurdita’. Ma questo e’ quanto.
Chi dovrebbe piu’ vergognarsi non e’ tanto, paradossalmente, chi ha lucrato sulla situazione, che almeno aveva il proprio tornaconto, ma chi invece non perdeva e non rischiava niente e ha ugualmente taciuto, avallando di fatto il percorso di degrado programmato. E’ questa miopia, questa meschinita’ questa mancanza di coraggio che ha affossato una fabbrica storica e cosi’ importante per la zona, togliendo di fatto anche prospettive alle nuove generazioni. Magari gli stessi figli di chi ha agito cosi’. Ma del resto, questa politica di arraffare, di perseguire l’utile immediato e speculativo per pochi a scapito della comunita’ e delle prospettive future, e’ ormai prassi comune, in zona. E non solo.

CERCAarticoli