[thumb:999:r:]Savona. Si è da poco concluso il convegno dal titolo “Interventi a favore del minore tra civile e penale” tenutosi presso l’Aula Magna dell’Ente Scuola Edile e organizzato da Provincia di Savona in collaborazione con l’Università di Genova. Di fronte ad una platea composta sia da addetti ai lavori che da privati cittadini sono intervenuti Teresa Ferrando, Assessore Provinciale alle Politiche Attive del Lavoro e Sociali, Giulio Peirone, docente universitario e responsabile del progetto di ricerca “Nautilus – Nuove rotte per l’inclusione sociale”, Graziella Galliano, Direttore DISSGELL, Giovanni Ricci, Direttore DISSPE (Dipartimento di Studi sulla Storia del Pensiero Europeo “Michele Federico Sciacca”), Angelo Scanu, dirigente del Tribunale dei Minori di Genova ed il giudice del Tribunale dei minori di Genova Giampiero Cavatorta. Al termine degli interventi hanno preso la parola due studenti dei corsi post lauream “Mediatore familiare” e “Tutor progettista di formazione” (organizzati da Provincia di Savona in collaborazione con l’Università di Genova) che hanno presentato la loro esperienza formativa, indirizzata proprio ad incidere positivamente sulle situazioni di disagio familiare e minorile.
Concorde il giudizio degli esperti ed in particolare del Giudice Cavatorta sulla gravità del fenomeno, gravità che va considerata di portata doppia se si pensa che il disagio minorile ed il conseguente fenomeno della delinquenza minorile sono di fatto la fucina della delinquenza abituale adulta. Per questa ragione e per prevenire tale fenomeno l’intervento dell’Assessore Ferrando è stato teso a sottolineare quanto la Provincia sta facendo in termini di formazione e avvio all’occupazione per i giovani che, fuoriusciti dalla scuola, non intendono proseguire il percorso di studi canonico e si trovano ad affrontare il mondo del lavoro senza competenze e idee su come muoversi, rischiando di essere facili prede della delinquenza. “Siamo ben consapevoli di questo problema – ha detto l’Assessore – che investe direttamente i ragazzi, le loro famiglie, ma anche tutta la società e credo che mai come ora si debba parlare di prevenzione. Una prevenzione che passa attraverso l’accudimento di questi ragazzi, l’accompagnamento che se ne fa attraverso i corsi di orientamento e di formazione volti non solo a fare sì che questi ragazzi abbiano uno stipendio, un lavoro, quindi non debbano rivolgersi a forme di delinquenza per mantenersi o soddisfare i propri bisogni. Con i corsi di formazione de noi promossi che vedono attualmente impegnati diverse centinaia di minorenni vogliamo far sì che i ragazzi si rendano conto delle loro capacità , delle loro attitudini, insomma cerchiamo, mentre trasferiamo loro competenze, di farli diventare più sicuri di sé stessi. E’ un compito certo pesante, ma in cui crediamo e che portiamo avanti con forza: ogni nuovo ragazzo che esce da un corso di formazione con un po’ di consapevolezza in più è una vittoria per tutti”. Volto ad inquadrare il problema in termini quantitativi è stato invece l’intervento del Professor Giulio Peirone che ha citato i risultati emersi dallo studio del progetto Nautilus: “Dall’esame dei dati del tribunale per i minori di Genova relativi alla provincia di Savona emergono alcune realtà significative che, forse, vanno contro al comune pensiero e devono fare riflettere tutti: gli Enti nel prendere provvedimenti ed i cittadini, a volte troppo frettolosi nel trovare un capro espiatorio tra le nuove etnie. Abbiamo esaminato i fascicoli relativi a reati penali legati a minori negli anni 2002, 2003 e 2004 e risulta una costante crescita di reati a carico di minori, rispettivamente 107, 123 e 157. Su un totale di 387 casi, ben 323 vedevano imputati minori di cittadinanza italiana e, pur considerando la possibilità della presenza di seconde generazioni di immigrati (quindi con cittadinanza italiana), riteniamo che la stragrande maggioranza, sia effettivamente di origine italiana. Al secondo posto si trovano i reati compiuti da minori di cittadinanza albanese (30), al terzo quelli di origine marocchina (10), poi ecuadoriana (6) e a seguire un po’ tutte le cittadinanze presenti (anche francese e svizzera) con numeri vicini alla singola unità .
Altro dato significativo è l’età che vede una forte concentrazione dai 15 ai 17 anni di età (267 casi), con il picco massimo proprio a 17 anni (101 casi). Da segnalare anche un aumento dei casi di infra quattordicenni, ossia di episodi di delinquenza che vedono come protagonisti bambini di 13, 12, ma anche di 10 e 9 anni, Numericamente sono poco significativi, ma è invece particolarmente preoccupante come ogni anno a partire dal 2002 l’età di accesso ai reati diminuisca. Assistiamo poi anche ad una crescita dei reati commessi da ragazze (54 su 384) anche se il numero assoluto non è paragonabile a quelli commessi dai maschi.
Per quanto riguarda i Comuni di origine di chi ha commesso il reato è in testa, come prevedibile dato il numero di abitanti, Savona con 103 reati seguita da Ceriale (35) , Boissano (26), Andora, Pietra Ligure, Loano, Borghetto e Quiliano con circa 20 casi ciascuno.
Tra i Comuni meno interessati da fenomeno troviamo Arnasco, Celle Ligure, Zuccarello, Giustenice, Cisano sul Neva, Tirano, Laigueglia e Finale ligure con 1 caso ciascuno.
Tra i luoghi, invece in cui è stato commesso il reato è in testa Savona con 140 casi, seguita da Albenga (34), Genova (27) e Vado Ligure (26 casi).
A differenza di quanto normalmente si immagina il reato più diffuso non è legato agli stupefacenti, ma ai furti (82), seguiti da danneggiamento (26), stupefacenti (20), reati in concorso formale, minacce e ingiurie, lesioni, porto abusivo di armi, lesioni personali ecc.
Valutando il confronto tra gli anni possiamo evidenziare come i reati si siano spostati dalla città capoluogo verso altre zone della provincia evidentemente meno facilmente controllabili, mentre si stanno evidenziando alcuni reati commessi in concorso, ovvero da più minori che agiscono in gruppo. Questo è un significativo indicatore dell’esistenza di alcune bande minorili che sono colpevoli soprattutto di reati di minacce, lesioni e ingiurie.
Alla luce di questa ricerca diventa ancor più evidente e necessario il lavoro di prevenzione che a svolto su diversi livelli, prima di tutto a livello di assistenza sociale alle famiglie a rischio, collegando ancor più strettamente i servizi sociali alla scuola per fare sì che l’aiuto giunga quando no né troppo tardi. Prezioso è poi ancora il lavoro che, nella fase critica intorno ai quattordici anni, si può fare con la formazione e l’avviamento al lavoro che possono minimizzare il senso di inutilità e incapacità a realizzarsi che sta alla base del disagio”.
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