Il 20 febbraio 2006 muore Luca Coscioni e nello stesso anno alla fine di dicembre viene meccanicamente interrotta la vita di Pier Giorgio Welby. Due avvenimenti diventati il cavallo di battaglia dei Radicali che ci impongono una riflessione proprio nell’anniversario di morte di Luca Coscioni ed esigono da parte nostra un attento giudizio, proprio nella prima “Giornata nazionale per la libertà di ricercaâ€. In questa giornata, tanto attesa per celebrare il valore della scienza, nasce ad Albenga la Associazione “Scienza e Vita ingauna†che si propone di collaborare con l’Associazione “Scienza e Vita nazionale†per tutelare e promuovere il valore della vita, garantendo il pieno rispetto dei diritti di ogni essere umano. “Ecco perché crediamo che la scienza – afferma la neopresidente Ginetta Perrone – contrariamente allo spirito celebrativo dichiarato in questa giornata dall’ Associazione Coscioni, debba essere al servizio di ogni essere umano, per non cadere nella tentazione di onnipotenza; ecco perché l’alleanza tra scienza e vita permette di garantire la dignità intrinseca ad ogni essere vivente, in tutte le fasi della sua esistenza, dal concepimento fino al naturale termine del ciclo vitale, come anche nella malattia, nella debolezza e nella disabilità “.
È vero che gli ultimi decenni del 20° secolo sono stati segnati da numerosi progressi e sviluppi nell’ambito delle scoperte scientifiche e biomediche, soprattutto per gli enormi avanzamenti compiuti nel campo tecnologico e informatico, tutti fenomeni di sviluppo a cui abbiamo assistito anche noi nella quotidianità della vita. E’ altrettanto vero che ogni nuova scoperta ha aperto molteplici nuovi orizzonti di ricerca, inaspettati e sicuramente interessanti per coloro che fanno della loro vita un servizio alla scienza e allo studio fisiopatologico e terapeutico di tante malattie oggi ancora inguaribili. Ma in tutto questo scenario non si può evitare di collegare le scienze sperimentali e quindi biomediche al mondo dei valori che fanno parte della nostra tradizione culturale antropologica. Al centro di tutto sta l’uomo che è costituito di un corpo e di un’anima e la ragione umana ha si la capacità di scegliere, ma liberamente e responsabilmente, il fine delle sue azioni non disgiuntamente dai mezzi per compierle. Nella ricerca della verità scientifica valga sempre il principio che è tecnicamente possibile quanto è moralmente ammissibile e dunque il bene integrale dell’uomo deve essere il fine ultimo della ricerca scientifica nel pieno rispetto della dignità della persona umana, del diritto alla vita e dell’integrità fisica sostanziale. In questo senso non ci può essere libertà scientifica se questa prevede nei protocolli di ricerca l’uso e il coinvolgimento degli embrioni umani, che sono e restano soggetti umani estremamente “vulnerabili†e indifesi a causa della loro condizione di vita; e i rischi molto elevati di danni irreversibili o di morte a carico degli embrioni umani provocati dalla ricerca non sarebbero moralmente accettabili, anche se il sacrificio di un embrione procurasse beneficio per altri esseri umani, in quanto l’essere persona dell’embrione lo rende sempre inviolabile sul piano morale. Solo il riferimento ai valori umani in una visione antropologica e bioetica possono rendere responsabile la ricerca scientifica e l’alternativa a tutto questo può essere solo il rifiuto della componente spirituale intrinseca nell’essere persona dell’uomo, e questo credo sia un’evidenza impossibile da sostenere nell’intelligenza dell’uomo. Ecco perché insieme ci impegniamo e non smettiamo di lottare per una medicina sempre più “umanizzataâ€, che garantisca ad ogni essere umano, dal concepimento fino alla morte naturale, il rispetto totale e senza condizioni dovuto a ciascun essere vivente, compreso l’embrione, in ragione della sua peculiare dignità .