Savona. Ha suscitato molto interesse nei preti della diocesi di Savona la lettura del testamento biologico proposto da don Adolfo Macchioli, che ha utilizzato un testo ispirato a quello redatto alcuni anni fa dalla Conferenza episcopale spagnola. E’ la prima volta che fra sacerdoti diocesani ci si confronta su temi come quelli proposti dall’incontro odierno al Santuario della Pace. “Il testamento biologico può anche essere un ottimo strumento per continuare un dialogo altrimenti impossibile: esso può andare nella linea dell’alleanza terapeutica che si deve instaurare tra tutte le persone che si prendono cura dell’ammalato, paziente compresoâ€. Che la chiesa non fosse contraria al testamento biologico già si sapeva e con queste parole don Adolfo Macchioli, teologo moralista e direttore della Caritas diocesana, ha fugato ogni dubbio. Non solo: ha fornito ai sacerdoti, riuniti oggi nell’incontro al Santuario della Pace di Albisola, un “modello†di testamento biologico ispirato cristianamente, adattato su quello redatto alcuni anni fa dalla Conferenza episcopale spagnola. Don Macchioli ha fatto, peraltro, alcuni distinguo: “Il testamento – ha detto – deve uscire dalla genericità e clandestinità dettate dal politicamente corretto: più che un modulo standard, e alcune parti lo saranno per forza, rivelerà la nostra riflessione sulla vita, la cura, la sofferenza, la morte. Più che una direttiva perentoria diventa una possibilità di esprimersi su realtà difficili e importanti della nostra vita, aiutando i congiunti a liberarsi da eventuali sensi di colpa, e comunicando a loro come intendiamo vivere la nostra morte, facendo così uscire anche questo tema dal suo confino. Oggi nessun medico – ha proseguito il teologo – si dice favorevole, o pensa di praticare l’accanimento terapeutico: eppure abbiamo la percezione di una medicina che non curi, ma guardi se stessa, la propria tecnica, i propri interessi. Le cure appaiono sproporzionate, inutili, quando non è chiaro o almeno non è condiviso il fine, il perché si debbano portare avanti: sembra che il medico sia maggiormente interessato a tutelare se stesso o a sperimentare una nuova tecnica, piuttosto che fare l’interesse ed il bene del paziente. È anche vero che i nostri tribunali sono pieni di denunce di familiari nei confronti dei medici curanti; è anche vero che sovente sono i familiari a chiedere di continuare cure apparentemente inutili, perché non sono pronti a gestire la perdita del congiunto, o il proprio senso di colpa nell’aver fatto tutto il possibileâ€.
Facendo riferimento all’esperienza anglosassone, don Adolfo Macchioli ha affermato che “essa mostra quanto il testamento biologico fallisca proprio là dove lo si vuole maggiormente utile: nelle criticità difficilmente prevedibili e non immediatamente diagnosticabili. In altre parole, quando una persona arriva in ospedale “praticamente morta†è facile scegliere di non accanirsi; altro, ad esempio, è quando non è possibile prevedere quali conseguenze si avranno se non si attacca la persona al respiratore artificiale. Non potendo prevedere tutto, il testamento biologico rimanda la scelta all’interpretazione delle volontà da parte del personale sanitario e dei congiunti: avrebbe voluto o no essere attaccato al respiratore? Continuare la terapia o sospenderla?â€
Ha quindi concluso il sacerdote: “Non potremo fare a meno di scaricare su altri la responsabilità della nostra cura, come volevano i fautori del principio di autodeterminazione, potremo però fare in modo che ciò avvenga nella maniera più liberante nei confronti dei congiunti e più rispondente alla nostra identità , religione, riflessione sul senso della vitaâ€.
E in merito alla discussione avviata tra i sacerdoti diocesani, così è intervenuto Don Macchioli: “considero la vita un dono sorprendente e meraviglioso, una benedizione del Signore, ma non il valore supremo assoluto – si legge nel testamento -. Mi rendo conto quanto sia difficile attestarne la qualità soprattutto quando la sofferenza, la malattia, assumono i tratti della cronicità , della graduale degenerazione di tutto il corpo o di una parte, della perdita progressiva o improvvisa della coscienza. Tuttavia ritengo che la sofferenza, la malattia, la morte non siano l’ultima parola sulla mia esistenza, che non sia possibile valutare la mia vita solo in termini di sanità , benessere, salute, e, comunque, che la sofferenza non vada cercata di per sé, né prolungata gratuitamente oltre la capacità di sopportazione del mio organismoâ€.
Da qui, nel testamento, alcune precise richieste da tenere presenti nel caso di incapacità di esprimere le proprie volontà a causa della malattia: “Che non mi si mantenga in vita mediante trattamenti che appaiono inutili, sproporzionati, o che non abbiano altro effetto che il prolungamento artificiale della vita; che non si ricorra all’eutanasia attiva, né si prolunghi abusivamente e irrazionalmente il mio processo di morte; che mi siano applicati trattamenti adeguati per attenuare le sofferenze, sia facendo ricorso alla terapia del dolore, sia alle cure palliative; che la terapia del dolore sia somministrata affinché i dolori vengano resi sopportabili lasciandomi il più possibile la capacità spirituale di disporre di me e delle cose che mi riguardano; i dolori insopportabili vengano attenuati, anche se a questo scopo dovessero rendersi necessari dosi tali di analgesici da poter portare a una riduzione della coscienza o anche indirettamente — come possibile effetto collaterale — a una accelerazione della morte, ormai inevitabile; che, in caso di morte, qualora fosse possibile, si proceda all’espianto degli organi. Desidero esprimere gratitudine – conclude il testamento biologico – a quanti si prenderanno cura della mia persona, in particolare al personale sanitario, infermieristico e medico: chiedo gentilmente di rivolgersi al mio medico di fiducia, con il quale ho condiviso queste mie riflessioni. Come ultima cosa, forse la più importante, chiedo di essere aiutato ad assumere umanamente e cristianamente la mia morte. Desidero potermi preparare a questo evento finale della mia esistenza in pace, in compagnia dei miei cari e con il conforto della mia fede cristianaâ€.
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