[thumb:342:r]Provincia. I dati dell’Inail per il 2006 parlano chiaro: ben 6732 incidenti sul lavoro in provincia di Savona. Gli infortuni mortali sono stati 6, il 2,32% rispetto ad un totale di 258 morti bianche. Precarietà e lavoro nero, soprattutto, favoriscono il fenomeno, che vede la maggiore incidenza nel settore dell’edilizia. La formazione, nelle piccole imprese, è scarsamente diffusa, e spesso i dipendenti vengono messi a fare dei lavori che non hanno mai svolto. Se il lavoro è poco sicuro, sono i lavoratori standard, quelli con il posto fisso, a saperlo prima, gli atipici inveci, o quelli in nero, non lo sanno o hanno spesso una percezione minore dei rischi che davvero corrono. Lo dimostra una strana coincidenza: nella maggior parte dei casi le vittime degli infortuni risultano assunte proprio il giorno stesso dell’incidente. “In un settore come quello dell’edilizia è più evidente, rispetto ad altri settori, l’inquinamento del mercato, la perdita del senso della legalità – afferma Mario Recagno, segretario provinciale della Fillea-Cgil – Lavoro nero, evasione contributiva e fiscale, mancato rispetto delle norme contrattuali e legislative, assoluta precarietà delle condizioni di lavoro e di sicurezza, infiltrazioni malavitose che minacciano chi denuncia e pretende legalità sono molto estesi su tutto il nostro territorio”. In questi anni, tuttavia, sono state molte le iniziative per la sicurezza nei cantieri. A livello provinciale è stato potenziato il Comitato Paritetico Territoriale per la Prevenzione Infortuni, l’Igiene e l’ambiente di lavoro, sono stati nominati i rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza territoriale, sono stati effettuati corsi di formazione per più di 3000 lavoratori, corsi per rappresentanti dei lavoratori e responsabili alla sicurezza e un protocollo di intesa con le associazioni datoriali (Costruttori edili e Associazioni Artigiane) per contrastare il lavoro nero ed illegale. Ma questo non è bastato a ridurre gli infortuni e in edilizia si continua a morire. “Gli incidenti nei cantieri sono spesso figli dell’illegalità e del lavoro nero che pesa più del 30% della nostra provincia – osserva Recagno – Non solo, sono anche figli di infiltrazioni malavitose che minacciano chi denuncia e pretende legalità e di una pubblica amministrazione che non ‘vede’ cosa accade nei tanti cantieri della nostra provincia, rilasciando licenze per costruire senza mai verificare in questi cantieri se vi sia il rispetto per la legalità e la sicurezza”. Soltanto nel 1994 l’Italia ha recepito le direttive europee in materia di sicurezza sul lavoro. Il decreto legislativo 626 del 1994 ha lo scopo di prescrivere misure per la tutela della salute e per la sicurezza sul luogo lavoro, in tutti i settori di attività ; propone un sistema di gestione permanente e preventivo per la sicurezza dei lavoratori attraverso l’individuazione e la valutazione di potenziali fattori di rischio. “Dire che occorre applicare correttamente la 626 e la 494 significa dire un’enorme ovvietà – sottolinea Recagno – E’ più utile parlare del contesto che dovrebbe applicarla e allora il ragionamento si fa un po’ meno ovvio. Infatti è nelle condizioni di irregolarità e illegalità diffusa che viene a generarsi una quota non indifferente degli infortuni”. Il responsabile territoriale della Fillea-Cgil precisa: “Le leggi da sole non bastano. Non è la 626 in quanto tale a evitare gli infortuni, ma la sua corretta applicazione. Il che non avviene, non certo per il carattere repressivo delle norme, quanto per una scelta diffusa in una larga parte delle imprese a considerare i costi della sicurezza un impedimento all’attività delle stesse. Deve proprio cambiare la cultura, è nel patrimonio dei valori delle persone che si deve insediare la cultura della sicurezza. La sicurezza deve essere insegnata in tutte le sedi formative a partire dalla scuola perché entri nella coscienza profonda dei futuri lavoratori e dei futuri imprenditori”.