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Articolo n° 14155 del 11 Agosto 2007 delle ore 16:31

Stagione della caccia, le riserve dell’Enpa

[thumb:680:r]Savona. Un calendario venatorio migliore di quelli funerei della precedente Giunta Provinciale ma ancora con tanti punti negativi. E’ questo, in estrema sintesi, il giudizio dell’Enpa di Savona sulla stagione della caccia presentata ieri dalla Provincia di Savona. “La piccola soddisfazione dell’eliminazione della caccia alla volpe a squadre è però turbata dalle ancora troppe concessioni ad una categoria di cacciatori avida di prede, invece che del tanto sbandierato contatto con la natura”, sottolinea una nota dell’Enpa, che pone le sue riserve su: i cinque giorni di caccia alla fauna migratoria fino al 31 ottobre ed i tre a scelta fino al 31 gennaio; lo sdoppiamento della caccia al capriolo in quattro mesi invece che due e, soprattutto, l’apertura anticipata al 1° settembre al maschio, è una decisione irresponsabile, con i boschi frequentati da escursionisti e fungaioli; una stagione calda e siccitosa, aggiunta a incendi micidiali per tutta la fauna, avrebbe dovuto consigliare di posticipare l’apertura generale a fine ottobre. L’associazione chiede inoltre di mappare urgentemente, se non lo faranno i Comuni, le zone devastate dagli incendi, in modo da definire esattamente il divieto di caccia previsto dal calendario. Discorso a parte infine il contenimento dei cinghiali e dei caprioli; l’Enpa, sperando nel sostegno delle organizzazioni agricole e contadine, ribadisce le sue proposte, alternative all’inutile fucile: assegnare ad organismi indipendenti il compito di effettuare i censimenti degli animali, eventualmente utilizzando appropriate tecnologie disponibili e su porzioni di territorio statisticamente significative; costituire commissioni paritetiche (agricoltori, animalisti, etc.) che valutino i danni arrecati; affidare incarichi tecnici, nel settore della gestione della fauna, soltanto a persone i cui interessi ed attività professionali e commerciali non siano incompatibili con essa; elevare infine il contributo richiesto ai selecontrollori, per ogni capo abbattuto, per evitare speculazioni e vendite “sotto banco” a ristoranti compiacenti, rendendolo confrontabile con il valore corrente della carne dei poveri animali; e catturare e reimmettere un certo numero di animali, dopo averli muniti di microchip; ma, soprattutto, affidare ad organismi scientifici al di sopra di ogni interesse lo studio di sistemi di contenimento incruenti, come comincia ad accadere in altri paesi alle prese con analoghe problematiche.


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