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Articolo n° 17569 del 13 Novembre 2007 delle ore 11:40

Albenga, immigrazione: il 20% degli alunni delle primarie sono stranieri

[thumb:1788:r]Albenga. Albenga già da tempo è una città multietnica per una svariata serie di motivi: innanzitutto perché è una cittàcon un’agricoltura avanzata che ha trasformato la piana ingauna in un giardino. Di qua partono quotidianamente verso i maggiori mercati agricoli europei quintali e quintali di primizie. Grazie all’intraprendenza degli ingauni quindi la città, in trent’anni, da luogo depresso, che aveva bisogno della povera economia di sostentamento garantita dalla presenza dei militari, è diventato uno dei più ricchi comuni liguri e quindi un polo d’attrazione formidabile per migliaia di cittadini extra-comunitari alla disperata ricerca di un lavoro garantito che migliorasse le loro condizioni di vita. Soprattutto da Marocco ed Albania sono venute, negli anni passati le braccia necessarie, considerato il grave calo demografico dei locali, a far funzionare l’agricoltura nel comprensorio. Piano piano molti di questi immigrati si sono integrati nel tessuto cittadino, pur mantenendo ovviamente le proprie tradizioni sociali e religiose.
Albanesi e marocchini hanno portato ad Albenga la pratica islamica, prima quasi sconosciuta, ma non solo: hanno infatti portato in città un gran numero di bambini e neonati, considerato che queste popolazioni hanno un tasso di prolificità pari a tre volte quello degli italiani. Albenga era infatti, prima del loro arrivo, invecchiata, non nascevano più figli, tanto che il reparto di ostetricia del locale ospedale era stato chiuso ed in zona l’unico punto nascite era rappresentato da quello presente al Santa Corona di Pietra Ligure. Ora invece si è tornati ad una situazione pari quasi a quella degli anni Settanta, quando erano gli immigrati qui arrivati dal Sud Italia a riempire le culle del “Santa Maria di Misericordia”.
Con il ripopolamento della città, dovuto soprattutto alle popolazioni albanesi e marocchine, nasce però un problema profondo di integrazione, soprattutto all’interno di quell’istituzione, la scuola, con cui i nuovi residenti vengono a contatto in età molto precoce. Il problema dell’integrazione scolastica ad Albenga è molto sentito giacché in alcune scuole primarie, come quella di Lusignano o quella di Via degli Orti, già oggi la popolazione scolastica non italiana supera il 20% del totale degli iscritti. Sono bambini che in famiglia non parlano italiano e sui quali dunque c’è da svolgere un grosso lavoro di apprendimento della lingua, anche perché qualora in età adulta dovessero continuare a zoppicare nella lingua di Dante si troverebbero irrimediabilmente emarginati.
Dal 2003 le istituzioni ingaune hanno iniziato a dare una risposta a questi problemi attraverso accordi tra amministrazione comunale, Caritas diocesana ed i due circoli didattici cittadini. E’ stata creata l’Associazione Scuola Territorio che si occupa dell’integrazione scolastica del bambino straniero ed è composta principalmente da volontarie che dedicano almeno due ore la settimana ad affiancare le insegnanti nella difficile opera di alfabetizzazione di tale tipo di alunni e nel loro arduo compito di inclusione dello straniero nella classe.
“E’ molto importante per un bambino non italiano, proveniente da una famiglia che, al di la del luogo di lavoro del padre, raramente si rapporta con la popolazione autoctona, sentirsi sin dal primo momento accettata, sentirsi in pratica dire da qualcuno: tu sei importante per me e per tutta la nazione italiana – spiegano alla Caritas ingauna – Quello di Albenga è un esperimento che ha dato frutti fecondi, speriamo venga ripetuto in tutte le città non solo della Liguria, ma dell’intera Italia. E’ sbagliato, prima ancora che razzista, infatti dire ‘l’integrazione è un fatto loro, che tornino da dove sono venuti’ perchè il problema ormai è di tutti, dell’immigrato albanese come dell’italiano di lungo corso. Solo quando si sarà assimilata questa verità lapalissiana potremo sperare in un buon successo delle politiche di inclusione sociale”.


» Sergio Bagnoli

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