Nella primavera scorsa il cons. Tonarelli propose la via “archeologica†alle costruzioni, parlando della zona di Pontelungo e, probabilmente, dimenticando che essa è stata riclassificata come zona agricola dalla Regione Liguria, in sede di approvazione della Variante generale al PRG.
Ora, con l’intervento su “Albenga 2†e “cittadella della saluteâ€, propone di trasferire nell’area della Caserma Piave i volumi dell’ala storica del vecchio Ospedale, probabilmente dimenticando che in un mercato libero è l’imprenditore a decidere come investire il proprio capitale e a sopportarne i rischi: l’ente pubblico deve limitarsi a garantire il rispetto delle norme di mercato e di legge – non agire da imprenditore anomalo, con licenza di cambiare le regole secondo l’occasione.
Comunque, quella proposta, di carattere sicuramente non urbanistico, s’inscrive in una serie di richieste di “amministrazione partecipataâ€; che cosa richiede, allora, un’urbanistica partecipata?
Le trasformazioni del territorio procedono per fasi: oggi, con l’affidamento dell’incarico per la redazione del nuovo PUC, la fase di bilancio sull’attuazione del vecchio piano (coi problemi risolti, o ancora aperti, o da porsi in modo diverso) si sovrappone all’impostazione del nuovo piano.
L’urbanistica partecipata richiede che in queste fasi le forze politiche e sociali operanti sul territorio s’impegnino per l’edilizia sostenibile, cioè volta a soddisfare le necessità dei residenti e delle nuove famiglie. Ciò impone di affrontare in termini chiari la questione delle seconde case e della loro incompatibilità con un turismo sostenibile.
Le seconde case non danno contributi sostanziali o duraturi all’economia; anzi, se diventano fenomeno di massa, fagocitano le risorse ambientali e paesaggistiche che ne hanno motivato la costruzione (Filippo Ciccone, Le diseconomie della seconda casa, Eddyburg, 2005). Già nel 2001, in provincia di Savona, esse erano oltre il 42% delle case costruite (dati ISTAT); da allora la situazione non è certo migliorata e Albenga non fa eccezione. L’attuale disastro edilizio deriva dal modo di pianificare che considera la costruzione di seconde case come “motore di sviluppo economicoâ€: esso accomuna tutte le varie maggioranze.
C’è qualche rimedio, giusto per salvare il salvabile?
Innanzitutto, fissare la superficie minima delle abitazioni, come fatto dalla Provincia di Bolzano, prima per numero di turisti e salvaguardia del territorio: a una famiglia di tre persone (che non garantisce nemmeno il ricambio generazionale) servono 75mq; qui si fanno alloggi di 38mq…
Poi, sarebbe utile evitare le proposte indecenti – almeno da parte di chi si definisce ambientalista!
Osservatorio pubblico – Albenga