[thumb:1686:r]Cairo Montenotte. Questa è la storia di uno stabilimento che parecchi anni fa tutto il mondo invidiava all’Italia: la Ferrania, nell’omonima borgata sita nel comune di Cairo Montenotte, che produceva le famose pellicole per cineprese, per radiografie ospedaliere e per apparecchi fotografici. Poi, con l’avvento della tecnologia video e del digitale, la produzione dello stabilimento della Val Bormida iniziò, complice anche tutta una serie di errori sia a livello governativo che locale, sia per opera dei politici liguri che per opera dei sindacalisti savonesi, entrò in crisi. Il numero delle maestranze fu drasticamente ridotto, quasi dimezzato, ed anche per coloro che non furono licenziati o messi in prepensionamento scattò la cassa integrazione. La proprietà straniera, in maggioranza americana, non ha voluto in tutti questi anni assumersi le proprie responsabilità e riconvertire la produzione filmica di Ferrania nelle nuove tecnologie.
Forse ormai l’investimento in Val Bormida non era più remunerativo per gli statunitensi perché conveniva investire altrove, nell’Est Europa o addirittura in Estremo Oriente. Come conseguenza di tale disimpegno lo stabilimento cairese ben presto entrò in una crisi all’apparenza irrisolvibile.
L’estate scorsa l’ennesimo tentativo di salvaguardare i rimanenti seicento posti di lavoro con un accordo benedetto dal ministro Bersani d’intesa col Presidente della Regione Liguria Burlando e con tutte le parti sociali del Savonese: prevedeva l’intervento di due industriali del Nord-Ovest come Malacarne e Gavio che avrebbero dovuto riconvertire gran parte della Ferrania in due centrali termiche e a biomasse, garantendo l’occupazione.
Per l’opposizione degli ambientalisti ben presto anche questo piano di salvataggio fallì e si tornò al punto di partenza. La prossima settimana a Roma, presso il ministero dello Sviluppo Economico si tenterà l’ennesimo accordo finalizzato a salvare quel che resta di una gloriosa azienda che tutti, sembra, vogliano speditamente avviare verso la liquidazione e la chiusura, incuranti del fatto che in questo modo seicento lavoratori verranno confinati nel mondo dell’indigenza.
Qualche indiscrezione nelle ultime ore è trapelata dalle ovattate stanze del Ministero di Via Molise: sembra che il vice-ministro D’Antoni, che insieme al titolare del dicastero Bersani, si occupa della questione, abbia trovato la “quadra†e sia propenso ad esprimersi favorevolmente sulla proposta avanzata dai sindacati e dai politici liguri in merito al futuro della Ferrania. Lo stabilimento savonese verrà smembrato in almeno due segmenti: il primo, si dovrebbe trattare di un laminatoio, dedicato all’industria pesante, il secondo, che proseguirebbe la tradizionale attività dell’industria cairese, continuerebbe a produrre pellicole ad alta definizione e materiale per macchine dedicate alla diagnostica ad immagini.