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Articolo n° 18600 del 10 Dicembre 2007 delle ore 10:11

Albenga, incontro su laicità e bioetica: il dibattito e le polemiche

Albenga. Dopo le veementi critiche mosse nelle passate settimane al sindaco Antonello Tabbò e alla giunta comunale accusata di non aver rinnovato il protocollo di intesa che finanziava un progetto del CAVi a sostegno delle cosiddette “maternità difficili”, sotto i risentiti strali polemici del presidente del Centro Aiuto Vita ingauno e vicepresidente del Movimento per la Vita Liguria Eraldo Ciangherotti è finita questa volta l’assessore Giuseppina Verrazzani e con lei tutto il comune di Albenga. Ciangherotti ha fortemente contestato come inopportuna la presenza dell’assessore tra il pubblico dell’auditorium San Carlo in occasione della tavola rotonda “Laicità dello Stato e diritti individuali” promossa venerdì scorso dal locale comitato “Nessun Dogma” alla quale hanno preso parte, moderati da Ileana Scarrone, la scrittrice e intellettuale Gloria Bardi, il membro del Comitato Nazionale di Bioetica Carlo Flamini e il pastore protestante ex presidente del tribunale di Savona Franco Becchino.
I prodromi della polemica c’erano già stati lo stesso venerdì sera quando a conclusione della tavola rotonda, considerata dal presidente del Centro Aiuto Vita ingauno come un vero e proprio “attacco alla Chiesa cattolica firmato dal comune di Albenga, dalla Provincia e dal comitato pari opportunità“, Eraldo Ciangherotti dopo aver provocatoriamente consegnato ai relatori i dati delle interruzioni volontarie di gravidanza nel savonese (“301 aborti effettuati nel 2007 e sono dati che ho avuto dall’ASL”, ha successivamente gridato in sala più volte) ritornando al suo posto aveva rivolto all’assessore Verrazzani occhiatacce e mezze parole poi finite in un acceso ma privato diverbio nelle retrovie dell’auditorium. Giuseppina Verrazzani, da parte sua, ha in seguito ribadito di essere presente non come assessore ma come privata e libera cittadina interessata al dibattito sui temi della bioetica e ha ricordato, in ogni caso, che il comune di Albenga ha sempre concesso il patrocinio anche agli incontri promossi dal Centro Aiuto Vita ingauno.
D’altra parte, per le ovvie ragioni più volte emerse anche nei recenti e meno recenti dibattiti nazionali, era prevedibile che durante l’incontro di venerdì non mancassero critiche rivolte ad alcune prese di posizione ufficiali “del Vaticano” (così è stato detto) dal momento che la discussione poneva al centro la ‘vexata quaestio’ del valore della laicità dello Stato e il confronto sui controversi temi di pertinenza della bioetica come l’eutanasia, il testamento biologico, la legge sulla procreazione medicalmente assistita (Legge 40/04) e le vigenti norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza (Legge 194/78) venivano declinati da un punto di vista del pensiero laico il quale, notoriamente, su queste questioni si trova spesso in netto conflitto con la visione proposta dalla dottrina ufficiale della Chiesa cattolica della “sacralità della vita”.
“Non amo la distinzione tra ‘sacralità’ della Vita e ‘qualità’ della Vita perché mi risulta fuorviante – ha comunque asserito Gloria Bardi durante i suoi interventi –; il problema è che la vita non è un valore assoluto ma un valore da soppesare con altri valori”. “Il dogmatismo che identifica un valore preminente così come il relativismo che li ritiene tutti equivalenti – ha proseguito la scrittrice – sono due punti di vista eticamente manlevanti: la responsabilità sta nel terreno intermedio dello scegliere ogni volta e spesso drammaticamente nella situazione specifica il valore a cui sacrificare i restanti”. “Difficilmente si è chiamati a scegliere tra un bene in assoluto e un male in assoluto – sarebbe molto semplice – ma tra valori antagonisti. Io, ad esempio, so che la vita è un valore”, ha sostenuto Gloria Bardi aggiungendo tuttavia, dal suo punto di vista, che “se invece per tra ‘sacralità’ si intende non il riconoscimento di valore alla vita ma la sua ‘indisponibilità’ in quanto dono di Dio, allora le cose stanno diversamente”: l’indisponibilità, ha concluso Gloria Bardi, “dopo la rivoluzione bio-tecnologica non è più una condizione di fatto ma la conseguenza di una scelta operata su un presupposto di FEDE, che i membri di una società non possono essere forzati a condividere” (l’intervento della scrittrice si può ora leggere nella sua rubrica “Fogli Mobili” pubblicata nell’ultimo numero del settimanale “Trucioli Savonesi”, http://www.truciolisavonesi.it/).
Da parte sua, Franco Becchino dopo aver segnalato come giurista alcune ambiguità negli articoli della costituzione che finiscono per rendere complessa in Italia la questione della laicità dello stato da sempre storicamente complicata dai suoi particolari rapporti con la Chiesta cattolica, da pastore protestante ha invece posto l’accento sulla necessità, anche da parte dei media, di prestare maggiore attenzione al pluralismo religioso venutosi ad accentuare attraverso i flussi migratori degli ultimi anni. Se da una parte la comunità islamica con più di un milione e 200 mila membri è ormai il secondo gruppo religioso del paese, “il pluralismo religioso affermatosi in Italia attraverso l’immigrazione – ha ricordato Becchino citando il recente XVII Rapporto Caritas/Migrantes – è comunque molto più ampio e coinvolge non solo altre religioni non cristiane, come le diverse forme di induismo o di buddhismo, ma lo stesso cristianesimo attraverso le confessioni ortodossa e protestante”. “Gli ortodossi in Italia sfiorano il milione e i protestanti sono ormai quasi mezzo milione”, una realtà, dunque, molto significativa che mette in dubbio la liceità della Chiesa cattolica di parlare, come spesso asserisce di fare, a nome di tutta la comunità cristiana, ha affermato Beccherini, dal momento che le confessioni protestanti, tra l’altro non riconosciute da essa come vere e proprie chiese “pregiudicando così il dialogo ecumenico”, proprio sulle questioni della bioetica hanno spesso espresso posizioni molto distanti da quelle ufficiali del magistero cattolico.
Articolati anche gli interventi del membro del Comitato Nazionale di Bioetica Carlo Flamini che ha portato sulla criticata legge che disciplina la procreazione medicalmente assistita (Legge 40/04) e le vigenti norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza (Legge 194/78) da lui giudicata positivamente nei suoi esiti, la testimonianza della sua lunga esperienza di specialista in Ginecologia ed Ostetricia. Flamini ha poi affermato la necessità, dopo decenni di eclissi, di ritornare a pensare a un’etica della “com-passione”, della condivisione della sofferenza nel rispetto dell’alterità. Un’etica pubblica, ha sostenuto Flamini, deve comunque tenere conto della pluralità delle posizioni espresse dalla società civile e le difficoltà maggiori anche nelle discussioni di bioetica nascono quando i principi, siano essi espressione di culture religiose, razionaliste, atee, agnostiche o scettiche, si trasformano in dogmi da imporre. Non sono mancati alcuni accenni critici rivolti al Movimento per la Vita e ai Cav: “non condivido gli atteggiamenti dei Centri Aiuto Vita che finiscono per istituire dei tribunali etici all’interno dei consultori”, ha detto tra le altre cose Flamini, il quale ha infine altresì contestato, rivolgendosi direttamente a Eraldo Ciangherotti, l’uso improprio e strumentale dei dati statistici quando vengono assolutizzati e decontestualizzati senza venire discussi e interpretati come indicatori di fenomeni complessi che vanno indagati nella loro completezza.


» Fabrizio Pinna

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